di Stefano Pasquetto
Scorrendo le pagine di Facebook del blog “SOCIOLOGIA” mi sono imbattuto in un post di mio interesse.
Titolo del post era “Tra Sociologia e sociologismi, l’importanza di istituire l’Ordine professionale dei Sociologi”. Il titolo mi ha toccato molto, per diversi motivi, uno tra i quali è che mi sono sempre chiesto il perché non si fosse ancora arrivati alla creazione dell’Ordine.
Ma prima di continuare questo mio piccolo intervento, devo fare qualche premessa. Mi sono iscritto alla facoltà di Sociologia dell’Università di Roma La Sapienza nell’anno accademico 1994/95, tenuto conto che la Facoltà venne istituita nel 1991, quindi, pochi anni prima. L’Istituto di sociologia rappresentò allora l’evoluzione naturale del Corso di laurea in Sociologia, già operante all’Università di Roma dal 1970, ma incardinato nella Facoltà di Magistero.
In quegli anni, devo dire che si respirava un’aria di novità, di evoluzione e perché no, anche di orgoglio accademico, Sociologia era una Facoltà e noi studenti sentivamo il peso e la responsabilità di appartenere a questo corso di studi così interessante quanto importante, nel quale operavano nomi del calibro di Franco Ferrarotti, Gianni Statera e Domenico De Masi.
L’obiettivo della Facoltà, sul piano della formazione, era la preparazione di studiosi in grado di contribuire allo sviluppo della disciplina e di esperti dotati di strumenti teorici e di competenze operative in grado di poter operare professionalmente nei diversi ambiti dell’organizzazione sociale, non disponendo tuttavia di quella sinergia utile, necessaria e di vitale importanza da attuare con le altre discipline delle scienze sociali ed umane, tra cui quelle demo-etno-antropologiche, economiche, filosofiche, giuridiche, psicologiche, politologiche, statistiche e storiche ¹.
In quegli anni iniziavo ad operare nel campo delle investigazioni civili e penali nelle problematiche inerenti alla Privativa Industriale, nello specifico la contraffazione dei marchi industriali; così, dopo varie ricerche, ritenni che Sociologia era la facoltà che potesse essere più adatta alle mie aspettative future. Più tardi, continuando gli studi con un Master in Criminologia, entrai nella categoria dei Criminologi.
Durante la mia carriera professionale, ancora in essere, ho potuto capire l’importanza degli studi sociologici e quanto essi abbiano influito nella crescita del mio percorso di tecnico del crimine, soprattutto il crimine di carattere economico. Qualcuno si domanderà cosa c’entra la sociologia con tutto ciò, e magari penserà che il crimine debba essere materia per soli giuristi, e che, quindi, debba restare nella cerchia di competenza di avvocati, giudici, pubblici ministeri, cultori e studiosi della legge e operatori a livello di polizia giudiziaria.
Oggi forse questo mito è stato superato, la nascita di nuove Facoltà come Scienza dell’Investigazione ne è una prova; tuttavia, in passato questa opportunità non esisteva e quindi, dovetti costruire un mio percorso con quelle materie che avevo a disposizione e che reputavo più attinenti per ciò che mi ero prefissato. Tra queste materie cito la Sociologia del diritto, Sociologia della devianza, Sociologia della sicurezza sociale, Sociologia Industriale, Criminologia, Psicologia sociale ed alcune relative al diritto come Istituzioni di diritto pubblico e Diritto dell’Unione Europea; ovviamente seguito sempre da un tutor che in seguito divenne il mio relatore di laurea.
Qualche anno più tardi un Master in Criminologia certificò le mie conoscenze e approfondì ulteriormente quella conoscenza specifica, necessaria e utile per lo svolgimento della mia professione; fermo restando che nel frattempo, in modalità autonoma, avevo studiato il Codice Penale e di Procedura Penale, il T.U.L.P.S. (il Testo Unico di Pubblica Sicurezza) e il Diritto Penale.
Fatte queste premesse, torno al titolo che mi ha incuriosito molto e che conferma la mia convinzione sulla necessità attuale di dover istituire l’Ordine professionale dei Sociologi; e ciò, in virtù di una palese tendenza al “sociologismo” che si sta facendo sempre più concreta e pericolosa e non solo per la categoria, ma direi anche nei confronti di quel pubblico che volesse o si dovesse affidare ai servizi professionali di un sociologo. La riduzione e l’atteggiamento teorico di chi vorrebbe estendere indebitamente la considerazione sociologica e trasferirla in ambiti fuori dal suo contesto, è palpabile da quanto attualmente sta emergendo illegittimamente. Detto in parole semplici, senza fare troppe accademie, confondere il sapere e il saper fare del sociologo con ciò che compete alla sfera di altre competenze (un esempio attuale si riferisce alle scienze della psicologia), è semplicemente un abuso in quanto la nostra formazione è strutturata su di una implicazione macroscopica delle dinamiche sociali e su queste la Sociologia e la ricerca sociologica possono dare un loro prezioso supporto e contributo attraverso il “metodo” della ricerca sociale.
Al contrario, le tematiche che interessano l’individuo in quanto singolo attore in un contesto di micro società (famiglia, lavoro, sport, tempo libero, ecc.) sono altra cosa e gravitano in aree e discipline che detengono un percorso di studi diverso per cui usano metodi e profili di studio e di conoscenza differenti. Che possa esistere una sinergia tra le due discipline, Sociologia e Psicologia, ciò ben venga poiché il sapere e la conoscenza non hanno limiti e confini, in special modo durante questo scorcio di secolo nel quale popoli, religioni e costumi diversi tra loro si sono mischiati – io dico invece – scontrati, e dove il tutto, teorie vecchie e nuove possono essere, anzi devono essere, rimesse sul tavolo del dibattito e della discussione.
Detto ciò, l’attualità di queste nuove dinamiche sociali è diventata il quesito principe; ovvero quell’implicanza che chiamerebbe il Sociologo a risolvere i quesiti che la società gli pone, evitando, allo stesso tempo, di ingarbugliare il campo della disciplina con la creazione di nuove figure fantasmagoriche; ad esempio ho sentito parlare del socioterapeuta, una figura che mi chiedo da dove sia uscita; ma già dal titolo nulla sembrerebbe a che fare con la Sociologia. Il dizionario Treccani riporta che la “terapia” è un termine usato in medicina e che sta ad indicare lo studio e l’attuazione concreta dei mezzi e dei metodi per combattere le malattie. Quindi mi chiedo se il socioterapeuta possa prescrivere anche dei medicamenti o delle medicine, pratica che non può sostenere nemmeno lo psicologo o lo psicoterapeuta a meno che non siano laureati in medicina.
Quindi chi è questa figura? Uno psicologo laureato in medicina infiltrato? Un sociologo che si è perso la strada? Oppure il risultato di un incrocio, una nuova specie che farebbe rabbrividire anche Darwin? Ironia a parte, proprio oggi, durante la stesura di queste righe, leggo la pubblicazione di una selezione per l’offerta di un lavoro come Sociologo a cui dare la responsabilità di progettazione investimenti PNRR – Missione 5 – inclusione e coesione – componente C2 – infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore – sottocomponente 1 – servizi sociali, disabilità e marginalità sociale; elaborazione report periodici; analisi socio-economiche e demografiche; rilevazione dei bisogni del territorio; raccolta e analisi dati. Per tutto ciò si richiede ovviamente la qualifica di Laurea in Sociologia e ricerca sociale.
Questa offerta non poteva essere pubblicata in momento migliore, poiché è un esempio di esposizione e richiesta di esperti in tematiche che riguardano direttamente le nostre competenze e la nostra professione. Per questo, la necessità di mettere ordine creando un Ordine è diventata di primaria importanza così che si possano evitare spiacevoli, quanto altrettanto tristi, confusioni in grado di sminuire o delegittimare quella disciplina che i padri fondatori prima, ed eminenti studiosi poi, hanno faticosamente contribuito a costruire e sviluppare negli anni e che oggi ci permette di poterci distinguere come rappresentanti e portatori di un sapere e di una scienza tanto importante quanto le scienze classiche da sempre a disposizione dell’uomo.
1 – Manifesto degli studi 2001/2002 della Facoltà di Sociologia “La Sapienza”.