di Sergio Mantile (*)
Forse la Sociologia sta rinascendo, insieme con il bisogno di risposte che può dare efficacemente solo essa, e in virtù di cambiamenti che avvengono, per esempio in Europa, e che finiscono per avere effetti anche in Italia.
È vero che per decenni si è cercato di farla scomparire attraverso azioni molteplici e sinergiche, per quanto non sempre coordinate. Da un lato le facoltà che trasmettevano cognizioni di sociologia ma assolutamente mai, o quasi mai, istruzioni di effettivo lavoro sociologico. Dall’altro il legislatore, che trovava più vantaggioso tutelare e potenziare quelle discipline, come la psicologia, più facilmente – entro ampi limiti – “medicalizzabili”.
Da altra parte l’invadenza, talvolta vorace e prepotente, delle professioni di prossimità, ben tutelate dai propri Ordini. Dall’altro ancora molti laureati in sociologia che, privi di indicazioni per sbocchi professionali, hanno finito per dare, spesso incolpevoli, una immagine de-professionalizzata della disciplina. La rinomata tuttologia. Però, a fronte di tutto questo, c’è stata anche una nutrita schiera di sociologi che si sono intestarditi a portare avanti la loro competenza negli ambiti più diversi: nelle scuole, nelle redazioni dei giornali, negli enti pubblici, nelle ASL e negli ospedali, nelle associazioni del Terzo Settore, e financo negli studi privati per consulenze di sociologia clinica.
Questa schiera, in qualche modo “disperata”, ma anche esaltata, ha dovuto tradurre individualmente i contenuti appresi nei corsi universitari, con molta “immaginazione sociologica”, nell’operatività richiesta dalle problematiche e dalle aspettative concrete della società. E questo, devo dire anche per esperienza diretta, spesso con risultati eccellenti e soprattutto stupefacenti, perché non attesi dai destinatari stessi.
Questa sociologia professionale applicata (la sociologia, ricordiamolo, si occupa solo in una sua parte di ricerca; si occupa molto più di consulenze per problematiche socio assistenziali, socio-pedagogiche, socio-sanitarie, socio-lavorative, socio-ambientali e socio-urbanistiche. In altre parole: i sociologi che si occupano di amministrazione di sostegno, di consulenza nei tribunali come CTU e CTP, di consulenza nelle scuole come esperti di relazioni scuola-famiglie, di relazioni inter-etniche, ecc., come responsabili delle risorse umane nelle aziende, come consulenti nelle carceri per progetti di reinserimento lavorativo, ecc.) questa sociologia professionale applicata, dicevo, dimostra continuamente sul campo, o meglio sui campi, la propria specificità e insostituibilità con altre discipline, per quanto prossime, con le quali riesce a stabilire una proficua e necessaria collaborazione.
Ebbene, nel mentre questa sociologia praticata, e non solo professata come quasi sempre avviene in accademia, in parte, ma solo in parte, attraverso le proprie organizzazioni di categoria e molto più attraverso iniziative che tendono a raccordarsi (si vedano le iniziative in tal senso del prof. Everardo Minardi), sta crescendo come soggetto professionale capace di interlocuzione politica nazionale per una regolamentazione in termini di Ordine della sociologia.
Come ANS, ed in particolare come ANS Campania stiamo tentando di fare la nostra parte. Con un giornale on line, con un Laboratorio per corsi professionali, con l’intensa attività di interlocuzione con referenti politici regionali e nazionali.
(*) Presidente A.N.S. (Associazione Nazionale Sociologi) Campania