a cura della REDAZIONE
Traduzione e cura di Romolo Giovanni CAPUANO
“(…) merito di Alinsky è sicuramente quello di intendere il criminale come un soggetto immerso completamente nel proprio ambiente di vita. Di qui la raccomandazione di non studiarlo mai in astratto, come ancora oggi, in parte, avviene: basti pensare alle derive della cosiddetta “criminologia attuariale”, tutta centrata sulla prevenzione del crimine e fondata sull’assunto secondo cui nell’ambito di ogni collettività esistono fattori di rischio distribuiti casualmente e non imputabili direttamente a singoli soggetti, riconducibili solo a gruppi di popolazione definiti statisticamente in base a un maggiore o minore tasso di pericolosità. Questo tipo di criminologia non ha alcun interesse per l’ambiente sociale del delinquente e tende a ridurlo a un grumo di statistiche non dissimilmente da quanto fanno i matematici delle assicurazioni. Lo stesso si può dire di altri orientamenti criminologici contemporanei quali quelli di derivazione classica centrati sulla “scelta razionale del criminale”, che sono completamente indifferenti all’ambiente di vita di chi delinque, preferendo soffermarsi su fattori come l’utilità attesa del comportamento criminale, l’opportunità, la valutazione costi-benefici ecc. (…)”
(tratto dall’Introduzione di Romolo Giovanni Capuano)
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