a cura della REDAZIONE
“Leggendo questo volumetto della Lehnerer (arricchito con numerose note, non presenti nel testo originario, al fine di agevolare il lettore italiano), una sorta di opuscolo pubblicato inizialmente per i tipi dell’A.S.A., l’Associazione Americana di Sociologia, non si può restare indifferenti riguardo allo stile che lo caratterizza e che, per certi versi, è tipico di ampia parte della letteratura scientifica anglosassone. Apparentemente una semplice raccolta di informazioni sull’offerta formativa in sociologia clinica negli Stati Uniti d’America e sui possibili sbocchi occupazionali del sociologo professionista – per il quale l’accademia è solo una delle possibili e non esclusive destinazioni e spazi d’intervento – nulla viene dato per scontato, anche l’informazione più semplice viene curata e illustrata con chiarezza e, soprattutto, misurata ad uso e consumo dei potenziali lettori dello ‘strumento’ che qui ci apprestiamo a presentare: lo studente e il neolaureato in Sociologia.
Ma ciò che colpisce di più mentre lo si consulta è il riverbero interiore, emotivo, che suscita proprio come tutto ciò che viene costruito con amore, dedizione, passione e che è destinato disinteressatamente all’Altro. Nessuno escluso. Già, perché è per una pedagogia dell’inclusione, profondamente ispirata dalla testimonianza umana e scientifica di Paulo Freire che la Lehnerer si è battuta, nel corso della sua attività lavorativa, prima di tutto come docente a fianco dei suoi studenti e poi come sociologa clinica impegnata nella lotta contro ogni forma di discriminazione ed ingiustizia sociale. Perché come assicura lei stessa nel suo ottimo saggio del 1997, passion leads to action, la passione spinge all’azione (un pensiero che è tutto un programma e che, per l’appunto, è il sottotitolo, il “motto” che abbiamo entusiasticamente scelto in occasione di questa prima pubblicazione in italiano di Professione Sociologo Clinico). E un docente appassionato dalla materia che insegna non può che darle vita per mezzo del rapporto che costruisce pazientemente con i suoi studenti. Perché educare, formare non è una mansione “amministrativa” volta a produrre studenti che si conformano e accettano lo status quo; bensì, è stimolare la consapevolezza critica nei discenti per ciò che accade nel proprio ambiente ed incoraggiare l’utilizzo di questa consapevolezza per cambiare ciò che è causa di ingiustizia ed oppressione (…)”.
dall’Introduzione di Gianluca Piscitelli
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