di Maurizio Colantoni
Tempus fugit. In effetti è stato un lampo e sono passati 25 anni da quando, fresco di laurea in sociologia ed il congedo militare in tasca, ho approcciato per la prima volta la Rete. Dicono che i maggiori picchi di stress per i ragazzi di leva si registrassero nei primi mesi di naja e nel primo mese successivo al ritorno alla vita “civile”. Ecco, sarà stato perché il momento era particolarmente delicato sul piano del fragile equilibrio del neo congedato, sarà che la ricerca di risposte incalzava su un’idea di futuro nebulosa e aggressiva (come può essere solo quando sia hanno 25 anni), sarà perché noi sociologi siamo particolarmente agili nel porci domande di qualità in quantità, ma questa idea di una grande interconnessione globale, di una “Interazionale tecnologica” ben si calava sui sogni e le speranze di allora, nonostante di tecnologia e di reti, sotto il profilo meramente tecnico, non ne capissi assolutamente nulla. Si trattava della felice intuizione che di li a poco sarebbe accaduto qualcosa di nuovo e che non si sarebbe più potuto tornare indietro.
Intuizione che di li a breve avrebbe trovato sostanza nella realtà reale e che è diventata la professione che tutt’ora svolgo, occupandomi di soluzioni professionali per comunicare online. E come tale è stata il passpartout attraverso il quale approdare ad un ampio e letteralmente variegato ventaglio di esperienze, vissute dapprima in modo pionieristico, poi via via sempre più professionalizzato nelle molteplici sfumature del mondo del lavoro e non. Proporsi come uno che faceva siti internet, a suo tempo, significava poter entrare nel cuore pulsante della comunicazione di piccole, medie, grandi e grandissime aziende con una velocità e risultati sorprendenti che non avrei mai atteso. Significava farsi inconsapevole portatore sano di quella rivoluzione – la cosiddetta “rivoluzione digitale” – che in pochi anni avrebbe innescato un cambiamento di portata immensa. Cambiamento del quale oggi conosciamo la complessità e con il quale iniziamo a fare i conti, lasciandoci alle spalle “appena” un ventennio o poco più di innovazione e rincorsa verso mete che ancora stentiamo ad immaginare, ma che hanno già radicalmente cambiato l’antropologia umana, ci piaccia o no.
Ecco, ci piaccia o no! Conoscere Internet dalle origini, tradurre in digitale attività fino ad allora analogiche (come il commercio per esempio, …pensiamo ad Amazon…), formare nuove generazioni al suo utilizzo, fino ad utilizzare la Rete stessa per formare; più in generale, intuire e progettare nuove strade per fare le cose, è stato un percorso di grande fascino ma anche, per il sociologo, un osservatorio privilegiato, dall’interno, diciamo così, del cambiamento. Osservatorio che inesorabilmente ci conduce a registrare come in fondo la Rete sia il portato di una vicenda umana e, come tale, esprima anch’essa la magnifica capacità di adattamento che il genere umano riesce ad esprimere, tanto nel farsi e nel fare del bene, quanto nel fare e nel farsi del male. Sarebbe stimolante, giocando con corsi e ricorsi di vichiana memoria, intercettare le assonanze, le similitudini e le asimmetrie che le grandi rivoluzioni tecnologiche hanno impresso alla storia dell’uomo. E scoprire così come anche l’avvento della Rete abbia lasciato e continui a lasciare le sue scorie. Si pensi alla piaga del cyberbullismo dilagante tra i giovani, alle cybermolestie che personaggi pubblici e non subiscono pubblicamente in rete, alla gogna mediatica che trova in rete una efficace strada per discreditare il prossimo, o al contrario per accreditarsi alla pancia dell’opinione pubblica generando facili quanto pericolosi itinerari di consenso. Ma siamo, su questo piano, solo alla superfice. La Rete può essere molto più dannosa se nelle mani sbagliate. Può essere percorsa da cyber attacchi in grado potenzialmente di bloccare interi comparti economici (un attacco hacker può bloccare un aereoporto, una Borsa, un domani – quando le città diventeranno “smart” – l’intero ciclo della quotidianità urbana); la Rete può creare danni enormi alle cose ed alle persone.
Oggi pertanto l’entusiasmo del pioniere si è quietato, o per lo meno ha assunto nuove forme, più raffinate, espressione di una lettura matura della vicenda Internet, almeno della sua fase pionieristica, oggi conclusa, della quale sono stato testimone partecipante. Oggi i miei stati d’animo sono spesso attraversati da una curiosa amalgama composta di orgoglio per l’esserci stato misto allo sconforto per cosa siamo riusciti a fare della Rete. Mi chiedo se in fondo quel tal giovane si sarebbe suicidato lo stesso se non fosse stato fatto oggetto di molestie in rete, o penso al senso di impotenza che possono provare i genitori degli hikikomori (i ragazzi che vivono rinchiusi nelle proprie camerette usando la Rete come unico canale di comunicazione con la realtà), o ancora quando scorro, inesorabili e talvolta raccapriccianti, le esternazioni dei cosiddetti leoni da tastiera, o quando leggo di continue truffe in Rete, ma anche, in fondo quando solo conto il tempo che dedico a filtrare lo spam tra i messaggi di posta elettronica!
Un fenomeno umano la Rete si diceva; gioie e dolori di se stesso e di chi lo attravera.
Da qui il monito e la raccomandazione, che faccio a me stesso e che cerco di trasmettere nell’esercizio del mio lavoro: la necessità di continuare, instancabilmente, ad osservare l’evoluzione della Rete, interrogandosi sulle conseguenze del suo utilizzo, sui tempi incredibilmente rapidi con cui cresce, e sulle conseguenze che genera nel suo imprevedibile tracciato. Oggi la cosiddetta quantum supremacy, la strepitosa velocità di calcolo raggiunta utilizzando processori quantistici, mette nelle nostre mani (ed ovviamente in Rete) una capacità di elaborazione dati che non ha precedenti nella storia… E non è un caso che tale obbiettivo sia stato raggiunto da un laboratorio di ricerca finanziato da Google. Una impennata nelle potenzialità della Rete sulla quale è d’obbligo monitorare, con l’auspicio con l’obbiettivo di orientare il più possibile questo cammino verso un utilizzo che sia espressione di un sano progresso nelle mani degli uomini e delle loro vicende. Tempus digit.