SESTANTE è la Rivista scientifica di valutazione nella salute mentale, dipendenze patologiche e salute nelle carceri. Considerato il carattere interdisciplinare che la contraddistingue, e che mette in primo piano anche il ruolo del sociologo in ambito sanitario, ospitiamo con piacere l’editoriale dell’ultimo numero dedicato alla condizione dei servizi di salute mentale nel corso dell’attuale pandemia

INSIEME DURANTE IL LOCKDOWN

L’esperienza dei dipartimenti di salute mentale e dipendenze patologiche durante l’emergenza COVID-19 in Emilia-Romagna

di Mila Ferri (*)

L’ultimo numero di SESTANTE ha un format inconsueto: al momento solo online, per restituire rapidamente alcune prime riflessioni maturate nel corso dell’emergenza COVID-19. La pandemia ha costretto i professionisti della salute mentale e delle dipendenze patologiche di tutto il mondo a riorganizzare e rivedere le proprie prassi, per ridurre il rischio di contagio e allo stesso tempo non abbandonare una popolazione cosi bisognosa di continuità nel trattamento. La presenza di grandi ospedali psichiatrici nella maggioranza dei paesi ha rappresentato un importante fattore di rischio per la diffusione del virus; accanto a ciò, viene riferito in alcuni paesi un ritardo nell’emanazione da parte dei governi centrali e regionali di normative per la prevenzione e il contrasto dell’epidemia COVID-19 nella popolazione con disturbi psichiatrici.

In Italia, unico paese al mondo ove non sono presenti grandi istituti o ospedali psichiatrici, nemmeno per la psichiatria forense, e stato evitato il primo dei rischi sopra riportati. In questo numero di SESTANTE intendiamo restituire quanto fatto a livello regionale e locale nel corso della fase 1 della pandemia; mi pare che dalla lettura emerga un forte tentativo di evitare il secondo dei rischi succitati, e cioè una distanza del livello programmatorio regionale dall’operatività delle Aziende sanitarie.

Questo numero della rivista registra la complessità e la varietà delle esperienze, a testimonianza del grande impegno profuso: dalla organizzazione della risposta psicologica emergenziale, alla rimodulazione delle attività ambulatoriali, riabilitative, gruppali, di supporto al lavoro e alla vita autonoma, al mantenimento e supporto della rete delle associazioni degli utenti, a nuove forme di contatto a distanza; non mancano riflessioni sui vissuti dei professionisti rispetto alle modificazioni clinico-organizzative adottate.

Abbiamo sentito il bisogno di mettere per iscritto in tempi brevi queste esperienze, in coerenza con il metodo di lavoro adottato nel corso dell’emergenza. Il sistema dei servizi della salute mentale, delle dipendenze patologiche, della neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza si caratterizza per una consolidata consuetudine di confronto tra i professionisti, i direttori di UO e di Dipartimento e la Regione Emilia-Romagna.

Questa prassi risulta estremamente utile nel corso di una emergenza: la conoscenza reciproca, professionale e spesso personale, e solida, e credo lo sia anche la fiducia nella possibilità di confrontarsi e di fare sistema. Già nel corso dell’emergenza legata al terremoto del 2012, il contatto frequente e lo scambio di esperienze tra professionisti e Regione furono molto proficui. Ricordo bene i momenti di confronto, anche sul posto, con chi lavorava in prima linea.

Nel caso dell’emergenza COVID-19, tuttavia, ci siamo trovati a fronteggiare una situazione inedita: la vicinanza fisica e il contatto umano, che tanto hanno aiutato nel 2012, ci sono stati preclusi dalla natura stessa del problema. Abbiamo pertanto utilizzato il metodo del confronto a distanza in videoconferenza, per incontri settimanali tra Regione e Direttori dei DSM-DP, delle Dipendenze patologiche, delle UO NPIA; abbiamo incontrato periodicamente la Commissione di monitoraggio dell’accordo CEA-RER, e i referenti delle residenze psichiatriche; abbiamo affrontato con i gruppi di lavoro attivi sui singoli programmi regionali gli adattamenti necessari a fronteggiare la complessa situazione.

Abbiamo incontrato i referenti delle Associazioni degli utenti e dei famigliari e i diversi portatori di interessi, con la convocazione della Consulta salute mentale e dei delegati delle Associazioni sull’autismo. Dall’inizio del lockdown fino a meta giugno gli incontri in videoconferenza effettuati hanno superato il centinaio. Il confronto attivato ci ha permesso di definire una serie di raccomandazioni su diversi temi (l’attivita delle EPE – équipe psicologiche dell’emergenza; la gestione degli accessi, visite, uscite dalle residenze della salute mentale e delle comunità terapeutiche in fase 1 e fase 2; la gestione della progressiva riapertura dei servizi ambulatoriali e diurni; le relazioni tra neuropsichiatria infanzia e adolescenza e scuola) e di accordarci su raccolte dati ad hoc (attivita delle EPE, andamento accessi al Pronto soccorso e TSO, numero e tipologia – diretta o a distanza – delle prestazioni delle UO del DSM-DP), i cui risultati sono stati rapidamente restituiti ai diversi gruppi di lavoro.

Se, però, dovessi fare un bilancio di questa esperienza, non credo che la produzione di documenti, pur indispensabile, sia stato il risultato più rilevante. Quello che ho trovato maggiormente interessante e stato il confronto e la diffusione di buone pratiche, originali e creative, basate sia sulla abnegazione e la resilienza degli operatori pubblici e privati, sia su un’organizzazione con sufficienti margini di flessibilità.

Voglio anche rilevare che tutte le decisioni e le riprogrammazioni organizzative sono state incentrate sulla corresponsabilizzazione delle persone assistite e dei loro famigliari rispetto al rischio di contagio, evitando atteggiamenti paternalistici o vicarianti, e puntando il piu possibile sulla personalizzazione. Questo principio caratterizza tutta la programmazione del settore: non ci sostituiamo alla persona nelle proprie decisioni e preferenze, ma la accompagniamo nel suo percorso di cura e di vita, perseguendo sempre una condivisione sul programma e una responsabilizzazione rispetto alle scelte individuali.

Il futuro che ci aspetta e ancora incerto. Al momento l’emergenza sembra ridimensionata, ma non possiamo certamente permetterci di abbassare la guardia. La ripresa graduale – e quello che ci porterà l’autunno in termini di diffusione del virus – richiede altrettanta attenzione rispetto alla fase pandemica: la convivenza con il rischio di contagio, che non e pari a zero e forse non lo sarà ancora per parecchio tempo, ci deve orientare al mantenimento e potenziamento delle esperienze più originali, accanto alla ripresa delle attività tradizionali.

Ci diamo fin d’ora appuntamento ad un prossimo numero di SESTANTE, sulle fasi 3, 4, ecc…!

Buona lettura.

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(*) Mila Ferri è un medico, Dirigente salute mentale e dipendenze patologiche nell’ambito della Direzione generale Cura della persona, salute e welfare della Regione Emilia-Romagna.

mila.ferri@regione.emilia-romagna.it

‘Attraverso il Covid 19’ – il nuovo numero di SESTANTE

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