La pandemia Covid-19, e quello che ancora stiamo vivendo, ha messo a dura prova il mondo intero ed in particolare il sistema dei servizi sociali e sanitari, che si sono trovati ad affrontare, quasi sempre separatamente, una serie di istanze non prevedibili, e a cui la sanità non ha saputo rispondere in maniera adeguata ed appropriata.
Il nostro welfare sociale e sanitario già prima della pandemia risentiva di diverse problematiche (tra cui un finanziamento sottostimato del Sistema Sanitario Nazionale e della rete dei servizi sociali)che nel periodo di lockdown si sono acuite ulteriormente provocando l’aggravarsi di alcune situazioni già fragili a cui ha risposto, in particolar modo, l’intera comunità, attraverso reti di solidarietà, integrandosi in maniera responsabile ed efficace ai servizi offerti dalle istituzioni.
La Pandemia ha reso evidente quanto sia importante rivedere la funzione ed il senso di un Welfare, sempre più territoriale e inclusivo, quale strumento di garanzia del benessere collettivo della comunità e della sua “Salute” intesa, non solo come assenza di malattie e infermità, ma quale stato di completo benessere fisico, mentale e sociale – OMS 1946 (Concetto ripreso anche dall’art. 32 della nostra Costituzione) ma nelle nostre organizzazioni la salute è stata interpretata come un patrimonio da difendere solo attraverso un sapere clinico, nonostante l’approccio psicosociale, olistico portato avanti sin dagli anni 40 da studi pionieristici di Talcott Parsons sui rapporti tra medico e paziente a partire dal secondo dopoguerra o da Pier Paolo Donati che mosse le prime critiche al Welfare State e che da subito proponeva un approccio innovativo sull’organizzazione vigente dei servizi sanitari o da Achille Ardigò che ha da sempre valorizzato il sapere della sociologia come attore imprescindibile alla medicina.
Essa deve intendersi come uno “stato che percorre la vita intera delle persone con le loro biografie fatte da intrecci di salutogenesi e patogenesi, in un continuo scambio con gli altri e con l’ambiente di vita, a cui si è imprescindibilmente connessi. Bisogna tener presente le condizioni in cui gli stessi nascono, crescono e vivono; le situazioni in cui lavorano, invecchiano e ammalano; le diseguaglianze sociali, la povertà, lo stato di disoccupazione, i bassi livelli di scolarità, la qualità delle cure cui hanno accesso, l’appartenenza a minoranze etniche, tutti fattori di rischio, questi, che agiscono come importanti determinanti di malattia e non possono restare estranei nell’ambito del settore sanitario che non tiene conto di tutto ciò che è “altro” rispetto alla dimensione biologica della malattia”. (La Salute che vogliamo – Medici e dirigenti SSN)
In quest’ottica, va visto favorevolmente quanto previsto dal “Decreto Rilancio” (d.l. n. 34/2020) e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), attraverso l’attivazione dei piani di assistenza territoriale che ci offre la possibilità di ripensare la rete di servizi adeguandola e potenziandola ai nuovi bisogni sociali post pandemia, con una grande attenzione all’’integrazione sociosanitaria.
L’integrazione socio-sanitaria e la sua gestione, nonostante sia disciplinata dal D.lgs. 229/1999 e dalla legge n. 328/2000, nonché dagli atti di indirizzo successivi (D.P.C.M. del 14/02/2001 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie) e del 29/11/2001 (Definizione dei livelli essenziali di assistenza) non è ancora mai decollata realmente nel nostro paese, nella nostra regione e nella nostra città..
Per tale motivo, allo stato, sul nostro territorio, viviamo una profonda separazione tra questi settori, continuando a dare risposte separate, a volte improprie e non rispondenti al reale bisogno dell’utente, nonostante la presenza di Porte Uniche di Accesso e le Unità di Valutazione Integrata, che purtroppo si riducono ad un mero luogo di procedimenti burocratici.
Occorre, pertanto, rafforzare, in primo luogo, soprattutto, i rapporti tra il sanitario ed il sociale, tra ASL e Comuni, tra questi e le reti associative, tra le competenze sanitarie e sociologiche, per ottimizzare le risorse e le competenze di ciascuno per metterle a disposizione al momento giusto in base alle richieste, innovando e potenziando i servizi territoriali, le progettualità e l’integrazione socio sanitaria.
Per le nostre regioni, per i nostri servizi sanitari, sociali e sociosanitari, questo è il momento più opportuno per realizzare un sistema sociosanitario più equo e più vicino ai bisogni della comunità, volto alla eliminazione/riduzione delle diseguaglianze sociali e culturali, della povertà, della disoccupazione, ecc., in quanto rilevanti fattori di rischio che agiscono quali determinanti di malattia. Il momento più opportuno per garantire quel concetto di “Salute” di cui sopra, attraverso il coinvolgimento, di tutti gli attori presenti sul territorio e di tutti i professionisti coinvolti nel raggiungimento di tale obiettivo.
A tal proposito ben si inserisce la figura professionale del sociologo della salute che da sempre analizza i modi attraverso cui in un determinato tempo e ambiente sociale si definisce la salute, si promuove il benessere sociale, si fronteggiano le malattie, le disabilità e il malessere.
Da sempre in grado di intercettare i cambiamenti in atto, di rilevare i reali bisogni ed orientare gli interventi in base ad essi, di incidere sui determinanti di salute, di governare domanda ed offerta di salute, di promuovere prevenzione e promozione della salute, attraverso le sue competenze in attività di:
- ricerca e di sperimentazione,
- pianificazione,
- programmazione,
- progettazione,
- organizzazione,
- intervento,
- valutazione di progettualità innovative integrate,
- elaborazione ed analisi dei risultati per poter replicare le buone prassi validate.
Oggi, quella del sociologo, è una figura professionale che si è vista riconoscere, insieme ad altre professioni, l’inquadramento nel ruolo sociosanitario ai sensi del cosiddetto sostegno bis, il decreto legge 73 del 25 maggio 2021.
“Il ruolo sociosanitario trova la sua motivazione giuridica dal fatto che la legge 3/18 richiamando e contestualizzando l’area delle professioni sociosanitarie già contenuta nel d.lgs. 502/92 ha già previsto opelegis che ne fanno parte i preesistenti profili di assistente sociale, educatore professionale, sociologo e operatore sociosanitario in attesa dell’individuazione di ulteriori profili in detta area” (Saverio Proia)
Figura professionale prevista negli organici delle organizzazioni sanitarie da circa quarant’anni ossia a partire dalla legge n.833/1978
Figura professionale che oggi non viene neanche citata all’interno del D.M. 71 “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale” nell’ultima stesura del 16 marzo 2022
Si ritiene, pertanto, necessario un intervento rapido e congiunto da parte di tutte le forze politiche, affinché non si disperda una tale risorsa, fondamentale nel veicolare i giusti messaggi di salute e malattia, nel mediare tra la parte sanitaria e sociale e nel contenere la destabilizzazione subita dai sistemi sanitari, che hanno provocato non poche problematiche a numerosi cittadini e famiglie intere
In tal modo, potremmo essere tra i primi a dare vita ad un’epoca di reale coinvolgimento, condivisione e concertazione dando la possibilità alla nuova normativa sul sociosanitario, di esprimere al massimo le sue potenzialità innovative in questa fase di rifondazione e potenziamento del SSN per effetto ed in conseguenza del PNRR, in cui l’integrazione sociosanitaria è parte integrante, fondamentale e strategica, specialmente se si tiene conto delle mutate condizioni demografiche del nostro Paese.
Ma tutto ciò non può essere pensato senza pensare alla figura del sociologo
CHIEDIAMO, QUINDI, L’INSERIMENTO DELLA FIGURA DEL SOCIOLOGO COME INDISPENSABILE NELL’ AMBITO DI QUANTO SARA’ DISCIPLINATO AI SENSI DEL D.M. 71
HANNO SINORA ADERITO:
Caterina Musella
Antonio Guardiano
Concetta Guida
Mariagrazia Mosca
Elena De Vinco
Claudio Manfra
Stefano Branciforte
Anna Mastroianni
Marzia De Luca
Beatrice Fiore
Nunzia Palladino
Andrea Famiglietti
Rossella Trapanese
Maria Santoro
Anna Crevatin
Mario Rogliani
Rosalia D’Amore
Anastasia De Feo
Giuseppina Relmi
Luca Morrone
Massimiliano D Maio
Nunzia Palladino
I Sociologi ASL Napoli